Strage Charlie Hebdo 2015 |
In questi giorni i telegiornali e i giornali hanno dedicato interi servizi alla strage di Parigi: l'attentato al giornale Charlie Hebdo, noto per le sue vignette satiriche sull'Islam, ha provocato la morte di 12 persone, 8 di questi giornalisti, e il ferimento di altre 11 persone. Sin da subito la Francia e il mondo intero conosceva i nomi dei killer, Said e Cherif Kouachi, ma nonostante gli 88 mila uomini mobilitati per catturarli, ci sono voluti 2 giorni per braccarli e ucciderli.
I due si erano rintanati in una tipografia a Dammartin, tenendo in ostaggio un uomo di cui forse non sapevano l'esistenza in quanto era nascosto in uno scatolone.
Solo nel pomeriggio di oggi la polizia è riuscita a scrivere la parola fine su questa vicenda di cronaca nera, ammazzando i due fratelli, appena tornati dalla guerra in Siria dove avevano scelto di combattere.
Contemporaneamente, altri due hanno preso in ostaggio altre persone in un supermercato di Vincennes, Amedy Coulibaly e Hayat Boumeddiene, provocando la morte di 4 di loro. Anche in questo caso le forze speciali hanno fatto irruzione nel supermercato e hanno ucciso Coulibaly, mentre la sua compagna sembra sparita, forse è uscita insieme agli altri ostaggi, fuggendo poi tra la folla.
E ora?
Dopo una notizia drammatica come questa l'intera popolazione mondiale si sofferma sulla vicenda: c'è chi inizia a mostrare il suo odio nei confronti dei musulmani, chi critica l'eccessiva tolleranza dell'Europa nei confronti degli extracomunitari, chi ancora li difende.
Ciò che è palese è l'odio contenuto in queste stragi, un odio che spesso è dettato dalla religione, ma che non deve necessariamente portare a collegare il terrorismo alla religione e all'Islam in particolare.
Sicuramente rispondere a quest'odio con altrettanto odio e violenza non porta a buoni risultati: ciò che serve è parlare, confrontarsi, accettarsi, senza cercare di sopraffare e giudicare gli altri, ma semplicemente accettando gli usi e costumi altrui.
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