venerdì 10 gennaio 2014

La fine della conversazione

Proprio in questa settimana nelle sale cinematografiche è uscito il film Disconnect, diretto da Henry Alex Rubin, che affronta proprio il tema dell'allontanamento dalla realtà per rifugiarsi in una realtà del tutto virtuale.
La società di oggi è appunto caratterizzata da una crisi generale della conversazione, imputabile ai social media e alla telematica a cui oggi affidiamo intere nostre relazioni interpersonali.
Passiamo tanto tempo a chattare sui social network o tramite i nostri smartphone e così tanto spesso ci troviamo di fronte a persone che non si parlano al ristorante, ma hanno il capo chino sul proprio smartphone, o genitori che con una mano spingono il passeggino e con l'altra scrivono un messaggio ad un amico virtuale.
Un effetto positivo c'è (se così si può dire) e sarebbe il fatto che oggi effettivamente parliamo molto più di prima, ma anzichè parlare con qualcuno, parliamo a qualcuno.
Ed è per questo che quella dei social e delle chat non è una vera e propria conversazione.
La conversazione tradizionale prevede, infatti, parti noiose, ricche di pause e interruzioni durante le quali però si ha il tempo di pensare e di reagire, consentendo così lo scambio di idee.
Sul web, invece, scompare la noia e le pause della conversazione: ci si scambia battute, si diventa esibizionisti e tutto è molto più veloce.
Come sempre, c'è l'eterno dibattito tra il vecchio e il nuovo, tra il passato e il futuro: ciò che importa, però, per un futuro migliore (almeno secondo gli psicologi) è il ritorno alla conversazione vera e propria, quella vis-a-vis in cui c'è intimità e interazione e si comprendono anche i gesti dell'altro. 
Solo in questo caso c'è un'effettiva conversazione, uno scambio di idee e un arricchimento personale.


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