Prendo spunto da un articolo pubblicato ultimamente su La stampa per parlare di un argomento delicato: quello della messa in commercio di carne di animali clonati.
Mentre negli Usa, in Argentina e in Brasile, la vendita di carne dei discendenti dei cloni è ammessa tranquillamente, in Europa c'era stano un No netto verso la clonazione per scopo alimentare. Era, tuttavia, concessa la clonazione per la ricerca, per la ricerca farmaceutica o per preservare le specie in via di estinzione.
Purtroppo oggi la Gran Bretagna come altri paesi dell'Europa del Nord aprono le porte a questi "prodotti".
Il problema è uno solo: già la pecora Dolly di Ian Wilmut si suppone sia morta prematuramente per problemi polmonari. Ancora oggi, però, è diffusa l'idea che i cloni, che altro non sono che delle fotocopie, sin dalla nascita, presentino uno stato di salute precario e perciò abbiano bisogno di antibiotici, antinfiammatori, antivirali e altri farmaci ancora.
Adesso io mi chiedo: perchè dovremmo mangiare questa roba, col rischio di rendere più deboli noi stessi?
Se proprio si vuole guadagnare con questo commercio, allora quello che a gran voce chiedono in tanti è di utilizzare un'etichettatura che permetta a noi consumatori di distinguere la carne clonata da quella "normale", per lasciarci liberi di scegliere consapevolmente.
Altrimenti, non ci resta che il protezionismo, cioè la chiusura dello Stato alle importazioni, evitando così che merce clonata giunga sulle nostre tavole.
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