lunedì 19 novembre 2012

La mummia di Sarita, una giovane Inca

Le civiltà precolombiane, come quelle dei Maya o degli Incas o degli Aztechi, sono da sempre state affascinanti per i loro segreti, i loro misteri e la loro cultura.
Nello specifico, la civiltà Inca venerava, al di sopra di tutto e tutti, il dio Sole, considerato il vero progenitore della civiltà e a cui erano dedicati tutti i santuari e le festività.
Addirittura, si credeva che l'oro colato non fosse altro che il sangue del dio Sole stesso.
Ma c'è un aspetto più inquietante nella loro cultura: quello dei sacrifici umani.
Il film di Mel Gibson, Apocalypto, ci presentò questa civiltà nel suo aspetto più crudele: indimenticabili sono le scene dei sacrifici umani, dei cuori strappati, delle teste tagliate e fatte rotolare giù dagli scalini delle piramidi Inca.
In effetti, la civiltà Inca aveva l'abitudine di sacrificare bambini e giovani ragazze per avere la protezione divina in caso di terremoti, siccità o forti piogge.
Venivano scelti proprio i giovani tra i 6 e i 15 anni perchè considerati gli esseri più puri.
I bambini dovevano essere sani e perfetti, senza cicatrici o nei.
Prima del sacrificio, veniva loro offerto mais e proteine animali, affinchè fossero ancora più sani; erano vestiti con abiti d'elite e gioielli e portati a Cuzco per incontrare l'imperatore.
In seguito, le vittime erano portate sui vulcani delle Ande (in cima o a diverse quote): il viaggio era lungo e duro, ma una volta giunti al punto scelto per il sacrificio, le vittime sacrificali venivano drogate o avvelenate con una bevanda tossica che serviva a minimizzare il dolore e la sofferenza.
Spesso capitava che i giovani sopravvivessero a questo liquido velenoso e, in quel caso, era necessario portarli alla morte tramite lo strangolamento o un colpo alla testa o lasciati per ore/giorni al freddo affinchè trovassero la morte.
La mummia di Sarita
Ed è proprio grazie alle temperature basse che oggi noi abbiamo ritrovato numerosi corpi mummificati.
Tra i più famosi, c'è quello di Sarita, conservato al museo dell'Università di Santa Maria ad Arequipa, in Perù.
La mummia si trova oggi in un sarcofago congelato, con una temperatura di -20°C: risale a metà del 1400, prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo, e si tratta di una giovane ragazza di 14 anni.
Apparteneva ad una famiglia ricca: lo si capisce dai vestiti conservati perfettamente e da una spilla di bronzo.
I capelli sono intatti, si vede ancora la pettinatura ed è in una posizione da dormiente.
Era una capacocha: questo nome identifica le vittime prescelte per il sacrificio, una sorta di ambasciatrice.
La straordinarietà di questa mummia sta nella sua posizione: la ragazza ha le gambe incrociate, come nel fiore di loto.
Ma, a differenza di altre vittime, Juanita trovò la morte per mezzo di un colpo sferrato alla testa.
Successivamente, fu sepolta in una buca del vulcano, con il volto verso il cielo, verso gli dei.
La giovane accettò la morte con naturalezza, pensando che questo sacrificio l'avrebbe fatta vivere nell'eternità insieme agli dei.
E in un certo senso possiamo dire che la piccola Juanita abbia davvero ottenuto l'immortalità, visto che la sua storia è arrivata a noi.


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