mercoledì 16 maggio 2012

The Lady: la storia di San Suu Kyi

Per restare sempre sull'onda del mio pensiero che dice che "la storia è meglio conoscerla e apprenderla attraverso film e documentari", l'altra sera ho visto il film "The lady", diretto da Luc Besson.
Un film che mi ha aperto una finestra sull'Oriente, sulla Birmania in particolare, per raccontarmi la travagliata, ma straordinaria vita di Aung San Suu Kyi.
Per chi non la conoscesse, questa donna birmana è diventata il simbolo della lotta birmana per ottenere la libertà da una dittatura militare che vietava ogni cosa e che non esitava a uccidere chi si opponesse al regime.
La storia di Aung San Suu Kyi inizia con lei piccolissima che perde a soli 2 anni il padre, generale e uno degli esponenti politici più importanti, colui che riuscì a rendere la Birmania indipendente dal Regno Unito.
Col passare degli anni, San Suu Kyi otterrà la laurea ad Oxford e proprio lì conoscerà e sposerà Michael, suo marito e grande sostenitore della sua lotta.
Il ritorno di San Suu Kyi a Rangoon avviene nel 1988, a causa della morte imminente della madre, ma una volta lì un enorme pannello per strada con su scritto "Love the motherland" (ama la tua patria) scatena in lei la voglia di impegnarsi e dare il suo contributo alla lotta popolare e studentesca contro il regime militare.
Colpita dalle condizioni dei giovani studenti e dell'intera popolazione che ha perso ormai ogni libertà, Suu resta e, su volontà dell'intero mondo universitario birmano, decide di candidarsi come guida per il paese verso la democrazia.
Questa scelta le costerà molto cara: infatti, dal 1989 fino al 2007, la donna resterà agli arresti domiciliari, impossibilitata a ritornare in Inghilterra per stare con la sua famiglia, e lì tra la lettura di Gandhi, l'incontro con tutte le minoranze del paese, tra cui quella delle donne giraffa, e i continui discorsi per diffondere la pace, diventerà un esempio per tutto il mondo, tant'è che nel 1991 le verrà consegnato il Premio Nobel per la pace.
Solo nel 2010 Aung San Suu Kyi sarà liberata, portandosi dietro enormi sofferenze, come quella di non aver assistito il marito in punto di morte e aver visto molti dei suoi sostenitori morire su campi minati o fucilati per strada.
Il film si conclude con una frase bellissima: "Usate la vostra libertà per portarla a chi non ce l'ha!".



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