mercoledì 22 agosto 2012

The way back: fuga dal gulag siberiano

Ieri, dopo che i piani di una possibile uscita serale sono saltati, ho optato per la visione di un film.
Tra le possibilità, ho scelto "The way back".
L'ho scelto perchè la storia non era niente male e i commenti della rete erano tutti a suo favore.
"The way back" è tratto da un libro intitolato "Tra noi e la libertà" di Rawicz Slavomir in cui lo stesso autore racconta la sua fuga da un gulag in Siberia nel 1941.
Slavomir è un tenente della cavalleria polacca che viene accusato dai russi di essere una spia: così nel 1939 viene rinchiuso in un gulag siberiano, costretto ai lavori forzati e condannato a 25 anni di reclusione.
Ma il desiderio di libertà è più forte di quel freddo polare, di quelle nevi e della paura di morire.
Così nel 1941 organizza insieme ad altri 6 compagni la fuga, in direzione sud.
Una fuga lunga 6500 km che porterà i sopravvissuti fino all'India dove finalmente saranno liberi.
La vicenda (molto probabilmente inventata e non reale, come sostiene l'autore) ricorda tanto quella dei cannibali delle Ande, la squadra di rugby che sopravvisse per 2 mesi tra le montagne delle Ande, dopo lo schianto dell'aereo su cui viaggiavano.
Come quei ragazzi, anche Slavomir e i suoi compagni si nutrono di carne cruda animale e la fame risveglia in loro l'istinto bestiale di mangiare i propri simili.
Il film è un continuo susseguirsi di panorami insoliti: dalle nevi della Siberia fino al deserto del nord della Cina, dalla vetta dell'Himalaya alle verdi distese dell' India.
Un film che, in certi momenti, ti fa patire la sete, ma che riesce nell'intento di farci comprendere quanto sia importante per l'uomo la libertà e di quanto ci possiamo spingere oltre ogni limite per riottenerla.


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