giovedì 21 giugno 2012

La mia visita all' Ilva di Taranto

Proprio ieri ho scoperto un'iniziativa messa in atto dalla fanpage di Facebook, Noi vogliamo il registro tumori a Taranto: si tratta di una petizione dal titolo " Chiusura dell'area a caldo Ilva di Taranto e bonifiche ora!".
La missione è questa: "Dopo 50 anni dalla nascita dell'Ilva (ex Italsider), noi cittadini di Taranto chiediamo la chiusura dell'area a caldo dell'Ilva che causa il 98% dell'emissioni inquinanti. Chiediamo subito la bonifica di tutti i terreni e del mare che per colpa di questa industria sono stati inquinati. Gli operai saranno utilizzati per bonificare il territorio e ci sarà lavoro per moltissimi anni. SI LAVORA PER VIVERE E NON PER MORIRE!".
Cosa potete fare voi?
Ciò che serve è semplicemente una firma virtuale: per farlo, trovate sulla destra dello schermo un banner; basterà cliccare su "firma petizione" e inserire la propria mail ed è fatta.
Solo ieri sul web girava un video in cui Fabio Matacchiera, presidente del Fondo antidiossina Taranto, raccoglie campioni di acqua di mare, in prossimità degli scarichi dell'Ilva di Taranto.



Indecente sapere che il mare della città di Taranto abbia quel colore, quasi ci fossero giacimenti di petrolio.
Negli ultimi anni in tanti si stanno mobilitando per far sentire la loro voce e il loro grido di aiuto: quest'industria ci sta ammazzando, giorno dopo giorno.
Lo scorso 26 Maggio ho deciso di cogliere l'opportunità offerta dall'azienda per entrare all'interno dell'impianto siderurgico e farmi un'idea, non tanto per capire il processo produttivo (poco mi interessa), ma per riuscire a capire che aria si respira lì dentro.
Naturalmente l'accoglienza è stata delle migliori così come la guida che spiegava nel dettaglio le varie aree della grande industria.
Ma ciò che ho visto mi ha fatto capire in che condizioni ci troviamo: nell'area parchi, dove ci sono tutti i depositi di minerale, sembrava di essere su Marte: gli alberi rossi, l'asfalto rosso, l'acqua rossa, tutto era contaminato dal rosso del rame.
Per non parlare degli impianti: c'era aria di vecchio e passato in quel posto, un mondo monocromatico, triste, in alcuni punti deserto e abbandonato.
Tutt'intorno fumi, rumore, polveri, fuoco, metalli: sembrava di essere all'inferno.
Solo le aree più nuove avevano un po' di colore e di luce.
Un'esperienza che mi ha colpito profondamente e che mi ha lasciato un gran mal di testa al ritorno: sarà stata l'aria pesante o la vista amara e tragica.
Non si può andare avanti in questo modo: o ci si migliora o è inutile e dannoso,  sia per noi che per le future generazioni, continuare a vivere e respirare veleno, facendo finta che niente di tutto questo sia reale o facendoci credere che si rispetta l'ambiente.
Ormai la gente è informata, sa ed è uscita dal buio dell'ignoranza di qualche tempo fa.
Per una volta che si faccia il bene dell'intera società piuttosto che del singolo!


1 commento:

  1. Io personalmente quella sensazione di essere su Marte (gli alberi rossi, l'asfalto rosso, l'acqua rossa, tutto era contaminato dal rosso del rame), la provavo ogni qualvolta percorrevo la strada Taranto- Bari e viceversa per recarmi nella caserma della Marina Militare a Taranto.

    Arrivato al "Rione Tamburi" sembrava di essere veramente giunti in un altro pianeta "rosso e desolato"!

    E sto parlando di alcune decine di anni fa.

    http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/26124.html

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