sabato 4 maggio 2013

La storia di Piera Franchini per rendere l'eutanasia legale

Piera Franchini
Molto spesso si parla della questione dell'eutanasia e negli ultimi mesi l'associazione radicale Luca Coscioni ha fatto sentire la sua voce e la sua opinione attraverso filmati che in molti hanno criticato.
L'ultimo è quello che narra la storia di Piera Franchini, una malata terminale veneta che ha scelto di morire.
L'obiettivo dell'associazione è quello di rendere legale l'eutanasia in modo che ognuno di noi sia libero di scegliere della propria vita, di come curarsi e di come morire.
Oggi chi aiuta un malato terminale a morire rischia 12 anni di carcere.
E così sempre più persone decidono di rivolgersi ad una clinica svizzera dove  è possibile, bevendo semplicemente una bibita, porre fine alla propria vita.
Naturalmente, il tutto non avviene così velocemente perchè il malato terminale viene ascoltato, proprio per capire se sia lucido e capace di intendere e di volere e soprattutto se sia convinto di questa scelta.
L'argomento è scottante ed è inevitabile che si formano schieramenti contrapposti.
Ciò che ci resta è la voce di Piera che in questo filmato racconta la sua storia, le sue sensazioni e il suo pensiero.


"Io sono morta il 13 Aprile, la diagnosi era una piccola lesione al fegato.
Quando mi risvegliai dall'anestesia, il chirurgo che mi aveva operato mi disse: Signora, la abbiamo aperta e chiusa, non c'è niente da fare.
E' talmente devastante che non abbiamo potuto far niente.
Io sono morta in quel momento.
Tornai dopo una settimana, ho detto: Mi sono sbagliata, non può essere!
Non c'è niente da fare, ci sono solo i cerotti, ma di volta in volta devo aumentare il dosaggio.
Ora il mio fegato è un po'impazzito fino a che io diventerò nera, color acciaio; dopo dai dolori morirei.
Lì non ebbi esitazione:ne parlai con un altro medico che disse: Io non posso aiutarti, però c'è la possibilità che tu lo possa fare, andando in Svizzera e così cominciai a interessarmi via Internet su questa possibilità.
Trovai la strada, documenti, documenti, documenti.
Le altre strade non mi portano alla guarigione, non mi portano a una vita diversa, non mi portano niente.
Mi portano sempre e comunque alla fine della vita, mi portano lì.
E allora perchè non scegliere la strada meno rumorosa, che mi fa paura anche quella? Però non ho dubbi.
Io non voglio più soffrire.
Il diritto alla sofferenza è fine a se stessa, una sofferenza che non giova a nessuno, a chi giova la sofferenza mia o di tanti altri? A chi serve? Per quale motivo io devo soffrire fino a morire? 
Si soffre fino a che si muore, chi può arrogarsi il diritto di dire e di fare questo?
Sono io, io, io, la mia vita, la mia morte, io decidere di me.
Era da Giugno che aspettavo l'appuntamento con una clinica svizzera e l'appuntamento è per domani sera alle ore 18 e lì ci sarà il primo colloquio per capire se la persona è cosciente di quello che fa, se c'è qualcuno che l'ha spinta, se ci sono delle motivazioni.
Il giorno dopo c'è la visita medica e poi la persona deciderà se sì o no.
Può decidere quello che vuole dopo.
Però da quel momento l'equipe di medici è a disposizione della persona, in qualsiasi momento possono essere eseguite le sue volontà.
Danno da bere una bibita e poi uno si addormenta, si addormenta e basta."


PIERA FRANCHINI Mestre 29/6/1937 - Forch 29/11/2012


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